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Shimamoto

    Shozo Shimamoto

    Nato ad Osaka nel 1928, Shimamoto è uno dei più importanti esponenti, nonchè co-fondatore, del Movimento artistico Gutai, formatosi nel 1954 nella regione del Kansai, in Giappone. assieme agli artisti Jiro Yoshihara, Akira Kanayama, Saburo Murakami e Kazuo Shiraga. Le loro attività hanno anticipato i grandi cambiamenti dell’arte occidentale dei primi anni Sessanta. Il nome del movimento, Gutai bijutsu kyokai in giapponese significa Associazione dell’ Arte concreta. La loro attività artistica è infatti prevalentemente rivolta alla ricerca dell’espressività intrinseca della materia colore presa nella sua individualità, non più distorta o comunque comandata dalla gestualità del pennello, ma lasciata libera di esplicarsi nella sua corporeità.

    Nel 1957 il Gruppo inscena il “Gutai Stage Exhibition”: per la prima volta nella storia il palcoscenico viene usato come vivo spazio artistico, in cui le opere prendono forma per mezzo di un cannone spara colori, inventato appositamente da Shimamoto, il tutto accompagnato da un sottofondo musicale. Da queste premesse nasce un nuovo modo di operare mediante lanci di colore su tela avvalendosi o del proprio corpo o di strumenti singolari quali armi da fuoco, elicotteri e gru: l’arte diventa Azione, Evento, Happening, Performance, e l’artista diventa spettatore del rivelarsi della materia colore. Le performances diventano così parte integrante del fare artistico e alcuni dei suoi lavori audio, preannunciatori dei lavori Fluxus di John Cage, vengono acquistati dal Centre Pompidou di Parigi e dal Museo Città di Ashiya. Negli anni Sessanta Shimamoto partecipa con le sue opere pittoriche a tutte alle esposizioni del Gruppo Gutai: scoperti e presentati sul panorama internazionale dal giovane critico Michel Tapié, che si fa portavoce del gruppo assimilandoli all’Informale ed al Tachisme, gli artisti del Gutai iniziano ad esporre nelle gallerie più prestigiose del mondo.

    Nel 1972 il Gruppo Gutai si scioglie e Shimamoto comincia ad interessarsi alla Mail Art o Networking Art, sviluppando una nuova e personalissima concezione dell’uomo-artista e dell’opera come prodotto di una lavoro sociale e collettivo che si riflette in un ben preciso progetto: ogni volta che incontra un artista lo invita ad intervenire con pennarelli, colori e oggetti sulla sua testa rasata conservando la documentazione fotografica del lavoro.

    Con lo stesso spirito oggi realizza le sue immense tele: nel 1990, ad esempio, presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, riproduce la performance realizzata nel 1956 durante la “Seconda mostra all’Ohara Kaikan” di Tokyo apportandovi nuovi significati: Shimamoto invita gli artisti postali a inviargli piccoli oggetti da inserire nelle bottigliette contenenti il colore. La tela così prende vita dal Network e si compone di colore, chicchi di riso, conchiglie, sabbia e altri simili materiali. Tra gli anni Ottanta e Novanta realizza una serie di performances in America e in tutta Europa. Nel 1993 il Gruppo viene invitato alla Biennale di Venezia. Nel 1996, per le sue attività pacifiste dopo l’incontro con il fisico nucleare Bern Porter, creatore della bomba nucleare sganciata su Hiroshima, viene proposto come candidato al premio Nobel per la Pace. Nel 1998 viene scelto come uno dei quattro più grandi artisti del mondo del dopoguerra assieme a Jackson Pollock, John Cage e Lucio Fontana, per un’esposizione al MOCA di Los Angeles.

    Nel 1999 partecipa alla 48a Biennale di Venezia con David Bowes e Yoko Ono e nel 2003 ritorna alla 50a Biennale con il progetto “Brain Academy Apartment”. Nel 2004 realizza una performance in elicottero come pre-evento della successiva Biennale di Venezia del 2005.

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