Aldo Navoni

Nasce a Milano da madre venezuelana e padre Italiano, il 1 aprile 1960, sin da giovanissimo si appassiona al mondo della fotografia e poco più che sedicenne installa in casa la sua prima camera oscura.
Il clima internazionale che respira in famiglia, lo porta giovane ventenne a viaggiare con il padre imprenditore in America e Sudamerica, dove la gente e i suoi colori, diventano quei soggetti privilegiati del suo lavoro fotografico.
Dopo il diploma al liceo scientifico e vari lavori decide di frequentare la facoltà di farmacia a Milano dove si laurea.
Affianca quindi alla professione farmaceutica a livello imprenditoriale il lavoro fotografico. La sua ricerca trova fertile terreno quando si trasferisce a Venezia e diviene fra l’altro socio del circolo fotografico La Gondola.
Diverse sono le collettive fotografiche a cui partecipa oltre alla personale “ Venice Graffiti” presso la residenza Cà Gottardi per la rassegna “Gli Ospiti di Cà Gottardi”.
Navoni trova in Venezia una musa sempreverde e riesce a coglierne gli aspetti più intimi, quotidiani e poco turistici. Proprio in questa chiave di lettura affondano le radici i suoi lavori.
Rassegna ultimi lavori:
Passanti a Venezia
Nessun protagonista, molti protagonisti sono i passanti che l’autore ci propone in questo lavoro. un lavoro in cui attraverso turisti e residenti si coglie una quotidianità intima e caotica al contempo.
Ritratti da Carnevale
Le maschere del carnevale Veneziano, ritratte con un tocco onirico e fiabesco, spogliate della retorica del “già visto” e riscoperte in tutta la loro eleganza e bellezza.
Luoghi della memoria
Gioia, dolore, vita e morte, traspaiono dalle fotografie del ex ospedale al mare del Lido, ormai non più luogo in cui la presenza umana è ancora forte, nonostante la sua contestuale totale assenza.
Redentore di Venezia
Dedicato alla più classica delle feste Veneziane, si coglie in questo lavoro, l’esplosione di colori e gioia che la festa porta in sè.
I sospiri del cielo ovvero il ponte dei sospiri
Ancora un luogo che “non c’è” o meglio che momentaneamente non c’è, incartato da enormi cartelloni pubblicitari per nasconderne i lavori di restauro, eppure, magia dell’immaginario collettivo questo luogo per i tanti turisti che lo vogliono vedere c’è a prescindere. Dopo tanti km fatti per raggiungere Venezia, non importa se l’immagine che porteranno a casa non è che quella di una foto su un cartellone pubblicitario che lo
sponsor di turno, ha imposto accanto a quella del famoso monumento.
Venice Graffiti
Anche nella onirica e fragile Venezia, i graffiti si sono imposti come arte di strada e, non è inusuale girando per la città trovarsi d’innanzi ad alcuni bellissimi lavori. Servono forse anche a far fare a questa città tanto ricca d’arte “convenzionale” un salto nel presente, e perché no, nel futuro. Venezia, come NY come LA come una qualsiasi altra capitale che attraverso i writers si colora e parla al futuro.
Sacca Fisola una periferia in laguna con testi di Federica Pozzi
Una venezianità di periferia appunto ma di una periferia che probabilmente, senza volerlo contiene tutti quegli elementi che oggi grandi architetti paesaggisti inseriscono ed identificano nei loro progetti di rivalutazione delle cinture urbane: primo fra tutti il verde, declinato qui in parchetti e giardini, poi naturalmente una enorme e totale presenza dell’elemento acqua, Sacca Fisola, è un’ isola e quindi l’acqua è il suo elemento dominante, acqua che qui significa laguna, con tutte le attività sia lavorative che ludiche che questo comporta.
Al termine del binario: Auschwitz, con i testi di Federica Pozzi
La ricerca storica che ha accompagnato questo lavoro fotografico, ha forse contributi a quella che secondo gli autori è la sua qualità migliore: l’assenza di retorica, la semplicità, che traspare dalla chiave stilistica del bianco e nero e dalla ricerca di foto pulite, essenziali, che non hanno bisogno di commento, foto che arrivano immediatamente attraverso lo sguardo alla sensibilità di ognuno di noi. Impresa difficilissima quella di fotografare ciò che è stato fotografato e ripreso centinaia e centinaia di volte senza cadere in errore. Reportage, la parola che meglio si accompagna a queste fotografie, resoconto, pulito ed essenziale.
Polavenice, con i testi di Federica Pozzi
Nell’immaginario collettivo, Polaroid significa “istantanea”,vuol dire catturare un’immagine e subito averla a disposizione in pochi minuti. Quando abbiamo iniziato questo Polavenice, ci aspettavamo un lavoro veloce, divertente, immediato.Mai aspettativa fu più delusa, lavorare con la polaroid, ha significato riappropiarci di una artigianalità dell’ azione fotografica ormai quasi dimenticata con l’uso delle macchine digitali, di una tempistica diversa, di un’ attenzione per tutti i parametri fotografici che oggi giorno sono appunto risolti dall’elettronica. Ed ecco svelarsi ai nostri occhi prepotentemente il legame, l’affinità fra lo strumento usato e il soggetto ritratto e il fotografo: Venezia e la Polaroid, due mondi in cui il concetto di tempo assume un significato diverso che altrove, dove lentezza, pazienza, attenzione sono elementi necessari dove anche il fotografo si ritrova a fare i conti con sé stesso e la sua fretta, la sua impazienza, che devono essere domate.
Fotografare Venezia con la polaroid significa riprendersi il tempo, fermandosi per pensare a quello che si sta vedendo e facendo, controllando e regolando continuamente il lavoro. Lavorare con la Polaroid significa in qualche modo restituire a chi guarderà le fotografie una sensazione di tempo allungato, diluito, sinuoso come solo un’onda delle laguna Veneziana sa essere.
per maggiori informazioni: www.flickr.com/photos/alfarm/